Contributo minimo alla lettura delle «Operette morali» (1963)

«La Rassegna della letteratura italiana», a. LXVII, serie VII, n. 1, Firenze, gennaio-aprile 1963, p. 139.

CONTRIBUTO MINIMO ALLA LETTURA DELLE «OPERETTE MORALI» (1963)

All’inizio della Proposta di premii data dall’accademia dei sillografi il Leopardi introduce un verso: del fortunato secolo in cui siamo, aggiungendo «come dice un poeta illustre».

Secondo la maggioranza dei commentatori (Antognoni, Porena, Piccoli) il predetto verso sarebbe stato inventato di sana pianta dal Leopardi, e a tale opinione accede anche il piú acuto e profondo dei commentatori delle Operette, il Fubini, osservando che quel verso «è uno scherzo del Leopardi, il quale ha foggiato un verso volutamente ridicolo e prosaico, simile a tanti di quegli endecasillabi che cadono nel nostro discorso, e lo ha attribuito, anche per farsi beffe di altri reali pseudoversi, altrettanto falsi per il suono e per il pensiero, ad un poeta reale non solo, ma illustre». Mentre il Sanesi, nel suo commento sansoniano, riteneva piú probabile «che ci troviamo qui di fronte ad una vera e propria citazione, pur dichiarando di non saper indicare quale sia l’illustre o pseudo-illustre poeta a cui il predetto verso appartiene», e insieme proponeva, subordinatamente, la possibilità che il Leopardi avesse ripreso, e volto dal serio all’ironico, una reminiscenza della frase «dans les héreux siècles oú vous viviez» del dialogo fontenelliano Montaigne et Socrate.

In realtà si tratta (come mi è risultato esplorando la lettura leopardiana degli Animali parlanti del Casti in occasione del mio lavoro su Leopardi e la poesia del secondo Settecento, pubblicato nel numero precedente di questa rivista) della ripresa (con il passaggio al singolare per una piú precisa polemica contro «il secol superbo e sciocco») di un verso appunto del Casti nel XVIII canto degli Animali parlanti, nella strofa 106 che conclude in tono ironico un brano polemico contro i tempi e governi moderni in confronto con quelli antichi e con i governi degli animali:

Che se riflession, comento e glossa

faccio talor sopra il brutal governo,

lo fo perché ciascun confrontar possa

con quei tempi antichissimi il moderno

onde felicitarsi appien possiamo

dei fortunati secoli in cui siamo.

Sicché il verso, certo prosaico come dice il Fubini, è però già intonato, nel Casti, in una direzione ironico-polemica e la sua scelta da parte del Leopardi conferma la sua attenzione per lo scrittore settecentesco che tanto utilizzerà poi nei Paralipomeni. Ma per questo, rimando alle indicazioni del mio saggio citato: qui mi bastava estrarne e mettere in evidenza questa minima identificazione, non inutile a risolvere una piccola controversia di commento, che nasceva appunto dalla mancanza di questa identificazione di lettura, resa meno facile dalla qualifica di «illustre» data dal Leopardi all’autore del verso.